…Faccia rattrappita in un’orrenda smorfia, sul pallore si staglia una chiazza violacea. La testa è infilata in un sacchetto di plastica trasparente, sopracciglia, nasone, bocca, mento ben riconoscibili….”. Così il primo omicidio, che apre il romanzo. Cui ne seguono altri.
“….è appeso all’ultima sponda del letto a castello, quella più in alto. Capo reclinato di lato, i piedi sfiorano il pavimento, ha lordato i pantaloni.”
“…Gocciola, il corpo, tanto che pare un pupazzo di spugna inzuppato. È completamente nudo, e bianchissimo, tranne che per alcune macchie violacee sul collo, lo stomaco gonfio come quello del bevitore di birra, capezzoli e polpastrelli raggrinziti all’inverosimile.”
«Mamma, mamma, guarda qui!» C’è una croce di legno irregolare, a grandezza naturale, in cima alla quale è fissata una tavoletta con l’iscrizione Gesù Nazareno Re dei Giudei disposta su tre righe, una sotto l’altra, la prima in ebraico, poi in greco e infine in latino. Accanto, in una teca di cristallo, sono esposti gli altri strumenti della Passione: il flagello a nove code, ovvero cordicelle di cuoio, dalle cui estremità penzolano delle lamette di ferro, un’elegante impugnatura d’avorio, su cui è incisa l’aquila romana e la scritta spqr, che stride con la rozzezza di questo strumento; la corona di spine, un cerchio intrecciato, da cui si dipartono lunghissimi spilli appuntiti che scintillano sotto lo sguardo occhiuto dei faretti del sistema d’illuminazione, si contano ben sessantasei spine; tre chiodi di ferro opachi e affusolati, con la testa tondeggiante, grossi e più lunghi del palmo d’una mano; la lancia del legionario che diede il colpo di grazia, la punta è a forma di triangolo isoscele; nove dadi da gioco romani, in avorio, 449 suddivisi in tre gruppi. Veronica intuisce le ragioni della perplessità di Emanuela e Marione. «Non ricordate il Vangelo? “Sulle vesti tirarono in sorte…”». Tornano a osservare l’Uomo della Sindone, nella foto a grandezza naturale che ne restituisce la stupenda fisionomia.
La Chiesa, dopo secoli di diatribe, ha assunto una posizione nettissima: la Sindone è di epoca medievale. Giovanni Paolo II, per tagliare la testa al toro, si è affidato alla scienza. Un esperimento condotto nel 1988 – la famosa datazione al radiocarbonio o 14C – ha accertato che il tessuto risale a un periodo compreso fra il 1260 e il 1390. È proprio in quegli anni che appaiono i primi documenti attestanti l’esistenza della reliquia in Francia. Le procedure della datazione sono state con- 34 testate da alcuni esperti. Sulla Sindone continua ad aleggiare il mistero. Mediante quali tecniche rivoluzionarie l’anonimo e abilissimo falsario-artigiano, o addirittura artista, avrebbe ottenuto un’impronta così realistica del cadavere di un uomo torturato e crocifisso? In vari laboratori si è tentato di realizzarne una copia utilizzando le tecnologie più avanzate. Nessuno è riuscito a produrre imitazioni lontanamente paragonabili per qualità e raffinatezza alla Sindone. La differenza che c’è fra l’immagine sul lenzuolo di Torino e quella sulle sindoni contemporanee è la stessa che corre fra una foto nitida, ad alta risoluzione, e una sfocata. Come può un artista-falsario aver realizzato un’opera così complessa – mille e più anni fa – se non ci sono riusciti gli scienziati del nostro tempo?
Nel Santo Sepolcro ha percepito la presenza del divino. Lì ha intuito che la Sindone è autentica. Ha conosciuto, al Santo Sepolcro persone folgorate dalla fede e da crisi mistiche. Ad Acco, o San Giovanni d’Acri, ha visitato l’imponente castello dei crociati e i suoi cunicoli, dove i templari potrebbero aver nascosto la preziosa reliquia per secoli.
Nella sua lunga carriera all’estero, Crisafulli ha incontrato tanti misteri, trame e complotti, che hanno ispirato la sua fantasia. Ha conosciuto ebrei religiosi (ortodossi e ultra ortodossi), musulmani (sia sunniti che sciiti, wahabiti e hezbollah), buddisti, animisti, e una miriade di sette cristiane, le più strane e disparate, fra cui i giudeo-cristiani. In Medioriente è entrato in contatto con comunità chiuse, come quella degli Alawiti e dei Druzi, che conservano segreti e un libro sacro misterioso, che solo pochi capi religiosi conoscono.
Una storia che sfida la mente e scuote le certezze. “L’Ombra della Sindone” si distingue per la sua capacità di intrecciare fatti storici e finzione in modo credibile e inquietante. Un libro che si legge tutto d’un fiato.
Un thriller storico di rara intensità, “L’Ombra della Sindone” fonde elementi religiosi e misteriosi con una narrazione serrata e coinvolgente. L'autore ci invita a decifrare simboli antichi e verità nascoste tra le pieghe del tempo. Un viaggio affascinante per gli amanti del genere.
Un’atmosfera cupa, simboli proibiti e una protagonista che si muove tra luce e oscurità. Questo romanzo è molto più di un semplice thriller: è una porta aperta su domande scomode e verità antiche. Difficile uscirne indenni.